Domestiche alla riscossa
La sera prima di partire dall’Isola d’Elba, la
mamma di Fede mi ha regalato The Help:
più di 500 pagine di romanzo, dentro una copertina gialla sgargiante, con scritte lilla e, sul
retro, commenti entusiastici e riferimenti al film cult uscito quest’inverno.
Ho deciso di affrontarlo subito, come tutte le
cose che un po’ mi spaventano. Dopo tutto, quale momento più opportuno
dell’epica traversata Piombino-Milano in treno?
Devo dire però che la paura è svanita dopo aver
letto le prime quattro frasi. E da allora, per cinque giorni, non c’è stato
posto per nient’altro che per questa storia!
Leggere The
Help è stato praticamente come vedere un film lunghissimo e appassionante.
Non riuscire a staccarmi dalle pagine per un intero pomeriggio era una cosa che
non mi capitava da tempo.
1962. Tutto il mondo sembra galoppare verso la
modernità tranne la cittadina di Jackson, Mississipi. Qui, tra piantagioni
assolate e ipocrite feste di beneficenza, bianchi e neri vivono in ambienti
ancora rigidamente distinti. Ogni mattina, decine di donne di colore salgono
sull’autobus, e attraversano la città per andare a lavorare al servizio di svampite signore bianche: lustrano le loro case, crescono i loro bambini,
ricevendo in cambio solo disprezzo e discriminazione. In confronto a queste
casalinghe pallide, imbranate e razziste, le domestiche sembrano delle forze
della natura: organizzate, lavoratrici, affettuose.
E cosa succede quando una di queste padroncine,
troppo bruttina e intelligente per pensare solo al matrimonio come le sue
amiche, decide di affrontare la questione del razzismo e convince le domestiche
a scrivere un libro per denunciare la loro condizione?
Ovviamente, qualunque cosa. Altrimenti, le 500
pagine sarebbero del tutto ingiustificate (e ingiustificabili). Certo,
raccontata così, la storia sembra un trionfo di banalità. E in un certo senso è
vero: nessun colpo di scena è davvero inaspettato, tutto quello che succede è
in qualche modo già sentito.
È la voce di chi racconta ad essere
speciale.
Tre narratori, anzi tre narratrici (due domestiche
spassose e una specie di alterego dell’autrice). Tre punti di vista, tre voci
appassionate e ironiche per raccontare una storia gonfia di luoghi comuni.
È una bella sfida, no? Be’, direi che è una sfida
vinta.
Solo una cosa: in questo trionfo di donne (domestiche, padrone, mogli, mamme, scrittrici...), i mariti/fidanzati ci fanno una figura piuttosto misera. Sarei curiosa di sapere se questo libro può appassionare anche i lettori uomini... Cercasi volontari!
Brava Giulia! Credo proprio che leggerò a breve questo libro. E da to che -Fede può confermare- sono considerata particolarmente uomo, forse un parere un po' maschile potrà arrivare anche da me :-)
RispondiEliminaGrazie Anna! considererò il tuo parere assolutamente virile, promesso :)
RispondiEliminaLetto (in inglese, cosa che mi ha molto rallentata) questa estate! A me è piaciuto molto, prova ne è il fatto che ho tenuto duro fino alla fine nonostante la lingua straniera mi rallentasse parecchio. Ha rispettato appieno le aspettative che mi ero creata leggendo la tua recensione, quindi un'altra volta "Brava Giulia!".
RispondiEliminaMi son riproposta di farlo leggere anche a Michi, tanto che glielo ho fatto comprare con l'inganno. Giusto per avere un parere in più.
Grazie Anna! Attendo fiduciosa il parere del nostro eroe, e ovviamente il tuo su Venere privata :)
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