Una domenica
a piedi
Finalmente l’estate è arrivata anche a Londra.
Stamattina il cielo è di un azzurro splendido, e il treno per Waterloo è
gremito di rumorose famigliole in tipico atteggiamento da escursione
domenicale.
Anche noi abbiamo in programma un bel giro a piedi
e siamo impazienti di cominciare.
Iniziamo con una passeggiata lungo il Tamigi, da
Southbank fino a Tower Bridge (agghindata in occasione delle Olimpiadi). L’aria
è tersa, la vista davvero incantevole: di là dal fiume, il bianco dei palazzi
classici si alterna al grigio-azzurro delle costruzioni moderne, che riflettono
il cielo. Nel tragitto, incontriamo le manifestazioni creative più diverse: dal
mercatino dei libri, all’uomo che scolpisce la sabbia, ai cercatori di monete…
Sgomitando tra i turisti, passiamo accanto al teatro di Shakespeare, deviamo
fino allo Sherd (l’ultima, avveniristica quanto affascinante creazione di Renzo
Piano), e infine raggiungiamo il ponte di Tower Bridge.
Da qui (a dir la verità in autobus, ma saranno non
più di tre fermate), raggiungiamo Liverpool Station: la nostra seconda tappa
prevede i mercati domenicali di Spatafields e Brick Lane. Come sempre, dobbiamo
destreggiarci tra i turisti (anche se, in realtà, non è sempre facilissimo
distinguerli dai locali), ma l’atmosfera è piuttosto folkloristica: alle
bancarelle che vendono esattamente le stesse cianfrusaglie di Portobello e
Camden, si alternano stand di designer emergenti, aspiranti dj e aspiranti
cuochi… Insomma, c’è un po’ di tutto, ma il clima è giovane. Una specie di
gigantesca festa universitaria.
La cosa incredibile è che, ripercorrendo Brick
Lane, le bancarelle degli stilisti vengono improvvisamente sostituite da
ristoranti etnici. Il primo tratto della via, a quanto pare, è il centro
dell’immigrazione bengalese… Ha anche un nome incredibile, Bengalatown, o
qualcosa del genere. Nonostante il fascino innegabile di questa zona, siamo
costrette ad andarcene: abbiamo ancora un sacco di cose da vedere oggi!
Prendiamo un autobus fino all’imponente cattedrale
di St. Paul e ci concediamo una visitina all’interno (eccezionalmente,
l’accesso non è a pagamento!).
Da qui, ci muoviamo solo a piedi: la City deserta
offre uno spettacolo suggestivo e vagamente surreale, che culmina
nell’atmosfera rarefatta dei vicoletti in pietra delle Inn’s Court di Temple.
È sorprendente come a Londra basti girare l’angolo
per trovare il mondo nuovo. Fino a un attimo fa non si trovava un negozio
aperto neanche a pagare, e ora siamo nel pieno della bolgia dello Strand, poi
di Trafalgar Square, poi di Piccadilly Circus, e infine di Covent Garden.
Abbiamo appuntamento con Giorgio, emigrato qui da
novembre. Ci porta a prendere l’aperitivo in un localino sopra la piazza, che
come al solito ospita saltimbanchi e spettacoli da due soldi. A dir la verità,
la terrazza è troppo gremita per vedere qualcosa, ma la luce calda del tramonto
e il Blody Mary ci mettono lo stesso di buon umore.
Finalmente è ora di tornare a casa. Sul treno di
ritorno, lamentandoci del male ai piedi, accerchiate da marmocchi ustionati,
abbiamo finalmente la sensazione di aver respirato un po’ di vera aria di Londra.
Soundtrack
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