giovedì 8 agosto 2013

Recensione #45: La sabbia non ricorda, Al mare con la ragazza

Il dittico dell’estate

Per l’estate, torno con piacere a parlare di Scerbanenco.
Non è mia abitudine recensire due libri insieme, ma i destini di La sabbia non ricorda e Al mare con la ragazza sono così indissolubilmente legati che per una volta farò un’eccezione.
Innanzitutto li ho comprati insieme, approfittando con soddisfazione della giornaliera “offerta lampo” di Amazon. E, dopo averli comprati, li ho letti uno dopo l’altro, senza soluzione di continuità.
Ma al di là delle mie personali coincidenze, ci sono delle ragioni evidenti per cui vengono proposti insieme. Innanzitutto, l’ambientazione estiva. Il caldo soffocante, il mare di Lignano, con le sue turiste tedesche disinibite e i suoi juke box. E poi il motivo cruento, la morte, l’atmosfera cupa e il linguaggio efficace, brutale ed esatto dell’autore, che è un po’ il marchio di fabbrica delle sue opere.

Certo, tra i due ci sono anche delle sensibili differenze: La sabbia non ricorda è un romanzo a enigma in piena regola, con un omicidio e un’indagine. Il protagonista non è Duca Lamberti, ma uno che tutto sommato gli somiglia. Uno che fa il poliziotto per far contenta sua mamma (Duca fa il medico per assecondare il desiderio del padre), ma che poi ha altri romantici interessi, come l’astronomia. Uno capace – proprio come Duca – di mettere il dovere e il proprio senso di giustizia davanti a tutto, anche ai propri affetti. Uno capace di amare, ma anche di rinunciare all’amore in nome di un bene più alto.
Al mare con la ragazza, invece, appartiene alla penna che Colaprico, nell’introduzione, definisce “del fratello segreto” dell’autore. È una penna che descrive il crimine e il delitto non dalla parte dei poliziotti, ma da quella dei disgraziati che li compiono. Una penna che non si concentra sull’indagine, ma che indugia sulla mente e sull’ambiente di chi compie il male.

Entrambe le opere si aprono con due storie parallele, che si intrecciano fittamente con il procedere della narrazione. Devo dire che però, sotto questo profilo, i risultati raggiunti sono molto diversi. Se infatti la La sabbia non ricorda è costruito con intelligenza, in modo che tutti gli elementi della trama vadano pian piano al loro posto, Al mare con la ragazza dà l’impressione di un meccanismo forzato, non perfettamente funzionante: troppe volte il lettore è portato a domandarsi perché l’autore abbia deciso di fondere insieme queste due storie, che tutto sommato potevano continuare a correre senza incontrarsi mai.
Dulcis in fundo: le donne. Trovo che in queste vicende estive più che mai, i personaggi femminili siano particolarmente riusciti. Scerbanenco ha una delicatezza tutta maschile nel descrivere le donne. Una delicatezza che vorrei dire innamorata, che di per sé vale la lettura.
Unica nota dolente, i finali, che ho trovato non all’altezza. Ma su questo non mi dilungo, se no ve li rovino.


PS Ho appena scoperto che il dittico dell’estate potrebbe trasformarsi in trilogia… Non so come, ma dalla mia villeggiatura lacustre devo trovare il modo di procurarmi Appuntamento a Trieste!

martedì 6 agosto 2013

Recensione #44: Le correzioni

Correzioni per le mie vacanze

“Prossima fermata: Malnate.”
Malnate? Sono seduta su questo treno da più di un’ora e sono a Malnate? Possibile che nel 2013 un treno impieghi due ore per andare da Milano a Laveno? E soprattutto: possibile che io stia sprecando il mio primo giorno di vacanza a Malnate, in carrozza con due spacciatori, un tamarro che ascolta Rihanna e una famiglia di napoletani obesi che giocano a ramino?
Una voce nella mia testa dice che me lo merito: così imparo a voler organizzare sempre tutto. Incastro ogni giorno mille impegni al secondo e poi butto via la prima mattina di vacanza per un errore da principiante come sbagliare treno. È una specie di punizione freudiana – continua la voce –  una dimostrazione del mio limite, raggiunto e ampiamente superato in queste estreme settimane di lavoro.
Il paesaggio fuori scorre troppo lentamente e io mi chiedo se a parlare sia la mania del controllo frustrata, oppure l’influenza del libro che ho appena finito di leggere.

Ho letto Le correzioni per via del mio capo. Il suo entusiasmo per questo romanzo ha risvegliato in me la presuntuosa convinzione – subito trasformata in desiderio – che i gusti letterari siano la cifra per scoprire i segreti di un carattere. Inutile dire che da questo punto di vista la lettura è stata una vera delusione. In compenso, mi ha lasciato addosso un approccio problematico alle questioni più banali che  – come si è visto –  minaccia di rovinare le mie striminzite ferie.
Chissà che sbrogliarne la matassa non mi aiuti a sentirmi meglio.

Fino a cinquanta pagine dalla fine, avrei detto che Le correzioni era una critica feroce alla mentalità perbenista e ipocrita della borghesia americana, che puntualmente naufraga nel pietoso tentativo di “correggere” quanto si distacca dai propri rassicuranti modelli di riferimento. Un tema interessante, soprattutto se trattato con lucidità, ma anche trito e ritrito, oltre che, almeno per me, non particolarmente vicino. Terminata la lettura, però, e versata qualche vergognosa lacrima tra gli ostili sconosciuti in questo treno, archiviare Le correzioni come un ben costruito romanzo a tesi mi pare un poco riduttivo. Perché in questo romanzo, prima della tesi, c’è una storia, viva e pulsante. La storia dura e impietosa di cinque persone che formano una famiglia. La storia delle loro relazioni e delle influenze pesantissime che queste relazioni hanno sulle loro vite. Una riflessione acutissima su come, per quanto si lotti, non si può sfuggire alle proprie origini e forse addirittura al proprio destino, nel senso greco e tragico del termine. Per tutto il romanzo, vediamo i personaggi impegnati a lottare per “correggere” se stessi e gli altri: i figli non vogliono essere come i loro genitori e i genitori non vogliono essere – né tantomeno apparire – poveri, vecchi, malati, lussuriosi, malpensanti, infelici. Pagina dopo pagina, tutti e cinque eroicamente si battono per essere diversi da quello che sono. Come va a finire la storia? Molto realisticamente, che alcuni ci riescono e altri no. Qualcuno si rassegna, smette di volere una vita perfetta e accetta – come i migliori eroi tragici – la propria sorte. Qualcun altro invece continua a lottare, ben oltre il senso del ridicolo, fino alla fine.


“La sola cosa che non dimenticò mai fu come rifiutare.”