lunedì 19 ottobre 2015

Sebastiano Vassalli: qualche volta degli uomini rimangono le loro storie

Prima di cominciare a scrivere devo fare una confessione. La chimera di Sebastiano Vassalli (premio Strega e finalista al Campiello e quant’altro nel 1990) è forse l’unica lettura estiva consigliata dai miei professori del liceo che ho deciso deliberatamente di ignorare. Ebbene sì, ero una studentessa modello. Ma soprattutto, fino alla sua morte, avvenuta il 26 luglio scorso, non ho avuto il minimo desiderio di leggere nessuna delle opere di Vassalli (che questa settimana avrebbe compiuto 74 anni). Nella mia testa, mi ero immaginata dei noiosi romanzi storici, consigliati agli studenti delle scuole per completare la loro visione sul Seicento, per raccontar loro una storia uguale e diversa a quella dei Promessi sposi...

martedì 6 ottobre 2015

Recensione #71: Pista nera

Due ore strappate alla tv

Un commissario, pardon vicequestore scontroso e tormentato. Un giovane poliziotto volenteroso e due agenti imbranatissimi. Una cornice paesaggistica mozzafiato. Un misterioso delitto. Una vedova bellissima e inconsolabile.
L’ultimo Camilleri? Sbagliato. Il primo Manzini.
Lo dico fin da subito, per evitare qualsiasi equivoco. Pista nera è divertente, si legge in fretta e con piacere, e credo proprio che mi procurerò quanto prima anche gli altri episodi della serie. 
Ma detto ciò, che nessuno si aspetti di trovarci un capolavoro, e nemmeno qualcosa di molto originale. Semplicemente, una storia simpatica. Un paio d’ore strappate alle serie tv. 

Il vicequestore Rocco Schiavone è un romano verace, nato e cresciuto nella luce calda e nei lassismi della Capitale. Intelligenza acuta, fiuto da vendere e pelo sullo stomaco, sembra destinato a una brillante carriera in polizia. Invece qualcosa va storto. Anzi, Schiavone fa andare storto qualcosa. Il suo carattere irruento, il suo irrinunciabile senso di giustizia (anche a costo di scavalcare qualche regola) lo portano a commettere un passo falso, et voilà: il nostro protagonista, con il suo ingombrante bagaglio di fantasmi, viene trapiantato di punto in bianco ad Aosta, in punizione. 

È qui che lo troviamo, a quattro mesi dal trasferimento, ancora tutt’altro che abituato al nuovo ambiente: rigorosamente vestito di loden e clarcks, alle prese con uno spinoso caso di omicidio consumato sulle piste di Champoluc. Ad “aiutarlo” una serie di poliziotti più o meno simpatici e imbranati. 
Le cose si complicano quando il suo corpulento amico Sebastiano lo raggiunge da Torino, proponendogli un affare con cui arrotondare lo stipendio. Affare che prenderà presto le dimensioni di un caso parallelo a dir poco inverosimile, la cui unica ragione di esistere può essere solo – imperdonabilmente – il desiderio dell’autore di dotare il suo protagonista di un cuore d’oro. 
In effetti, quello che veramente non convince di Rocco Schiavone è la totale, piatta, aderenza allo stereotipo del poliziotto-burbero-dall’animo-gentile, e soprattutto dal senso di giustizia ineccepibile. Manzini vorrebbe creare un personaggio innanzitutto simpatico (da qui le fissazioni per il vestiario da città, la debolezza per le belle donne, la mano pesante coi sospettati, l’insofferenza per l’autorità), e poi sempre capace di scegliere il giusto, anche nelle situazioni più controverse, anche al di fuori dei confini della legge. Il risultato è quindi un eroe superficiale, tormentato solo in apparenza, e di fatto platealmente schierato dalla parte dei buoni. Un commissario – vicequestore – come te lo aspetteresti, in un’epoca di Montalbani e simili. 
Per quanto riguarda la trama, pur non essendo particolarmente esperta, direi che il mistero non è dei più intricati. Il colpevole si individua abbastanza in fretta, ma questo non toglie niente alla piacevolezza della lettura. In fondo diciamocelo: in tutti questi gialli che ultimamente affollano le nostre librerie, non ci importa tanto scoprire “chi è stato”. Quello che ci piace è vedere il protagonista/eroe, che un po’ ci assomiglia e un po’ ci esaspera, alle prese con una realtà che in qualche modo ricalca e racconta la nostra. Insomma, prima che buon detective, a Schiavone il lettore chiede di essere innanzitutto un umano credibile… (ed è qui che invece ahimè il vicequestore fallisce).
Vediamo se saprà riscattarsi nelle prossime puntate!