mercoledì 28 marzo 2012

Recensione #5: L'ombra del vento


Giovani librai crescono


Quando ho cominciato il mio stage da un libraio antiquario, metà dei miei conoscenti mi ha consigliato di leggere L’ombra del vento.
Come spesso accade, però, il proposito di conoscere questo fantomatico best seller è rimasto sepolto sotto il peso dei libri accumulati sulla mia scrivania, fino al giorno – poco più di una settimana fa – in cui la mamma di Fede me l'ha messo in mano.

A dir la verità, l’ho letto piuttosto in fretta. Per cominciare, quindi, devo dire che un libro di 400 e passa pagine che si legge in una settimana ha sicuramente qualcosa di buono. La disoccupazione e la velocità di lettura non c’entrano: L’ombra del vento è un libro che si divora, soprattutto nella prima parte.
I personaggi fanno decisamente simpatia (soprattutto il caro Firmìn), e la curiosità di capire come si scioglieranno i nodi della trama cresce di pagina in pagina.

Tuttavia, se la scorrevolezza e la godibilità sono senza dubbio qualità apprezzabili, non penso siano sufficienti a fare di quest’opera il capolavoro che molti dicono.

Nella quarta di copertina della mia edizione leggo frasi come: “L’ombra del vento è un moderno feuilleton”; “l’esordio di un autore che fa rivivere la grande tradizione del romanzo ottocentesco…”. Direi che il problema è esattamente questo: l’ambientazione novecentesca, i riferimenti alla guerra e un paio di scene di sesso vagamente esplicite mistificano un po’ le cose, ma la verità è che L’ombra del vento non è niente di più di un romanzo di formazione ottocentesco. Ma non ce ne sono già abbastanza, a riempire i negozi gli scaffali e le antologie del liceo?
Allora io mi chiedo: che cosa spinge uno scrittore contemporaneo a mettere in piedi un’opera che forse sarebbe non stata innovativa neanche centocinqant’anni fa? Naturalmente, la risposta positiva del pubblico. Le persone, leggendo queste pagine, si appassionano. In effetti, gli ingredienti del successo ci sono tutti: c’è un giovane insicuro alle prese con un mistero intricatissimo (ma troppo spesso ho avuto l’impressione che la complicazione della trama fosse dovuta alla debolezza della narrazione, più che alla bontà delle idee), una storia d’amore strappalacrime (poco importa se è del tutto inverosimile), una guerra tragica, un supercattivo a cui addossare tutte le colpe senza domande; c'è perfino il tema della paternità, vera presunta e putativa… Insomma, un vero e proprio minestrone di buoni sentimenti, conditi con qualche prevedibile colpo di scena. Che poi con queste stesse componenti si possano produrre anche Indiana Jones e sceneggiati di bassa lega, a quanto pare, è del tutto irrilevante.

 Ma forse mi sono fatta prendere un po’ la mano: non mi permetto di giudicare né tantomeno di condannare le letture e i gusti di nessuno. Semplicemente, per quanto mi riguarda, all’Ombra del vento, forse avrei preferito un vero classico ottocentesco, oppure un sano telefilm.





P.S. Per concludere, vorrei ringraziare Fede, che ha trovato l'immagine malvagia in questo blog... Sei il mio webmaster preferito :)

4 commenti:

  1. Grazie Giulia! E' da quando è uscito che volevo leggere questo libro, intrigata dai discorsi di tanti, ma dopo la delusione di "L'eleganza del riccio" (letto per lo stesso motivo) mi ero sempre trattenuta. Ora so che posso evitare di distrarmi dalla pila di libri sulla mia scrivania per questo!

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    1. Lieta di essere stata d'aiuto, Sally :)
      E, per la cronaca, condivido anche il parere sull'Eleganza del riccio.

      Grazie per aver postato il primo commento!

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  2. sono proprio d'accordo! a parte la critica ad indiana jones, naturalmente :)
    Fufi

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    1. No no aspetta Fufi: nessuna critica, anzi! Dico solo che Indiana Jones non è un capolavoro letterario, ma sai che amo quel cappellone e le sue mirabolanti avventure :)

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