Dettagli dublinesi
Non rispondo perché non so cosa intende. Non ancora, per lo
meno.
Del cielo d’Irlanda mi hanno parlato in molti (Fiorella
Mannoia in primis); in fondo è per questo che ho scelto questa meta tra tante:
tra la nefelomanzia e i pareri autorevoli, la mia curiosità è alle stelle.
Ma, una volta atterrati, dall’alto di un autobus a due piani
pieno di scolarotte in divisa, guardo questa città ventosa e più che altro
penso che non è esattamente questo che mi aspettavo: dove sono le casette
colorate tutte uguali, la gente che balla per strada e i folletti?
Per cominciare a notare i dettagli, mi ci vuole qualche ora:
le porte colorate, i giardini personalizzati, i narcisi agli angoli delle
strade; a Dublino a quanto pare va di moda dare un nome alla propria casa.
Le insegne colorate dei pub, con i tavoli rigorosamente
neri, la Guinnes appena spillata, che si deposita lentamente nel bicchiere
alto. I pub male illuminati, dove ogni sera ragazzini e vecchi bevono insieme,
e dove si esibiscono gli ultimi cantastorie del mondo.
Il secondo giorno, mentre con Fede ci riposiamo a Saint
Stephen’s Green dopo una doverosa visita al Trinity College e un altrettanto
doveroso fish&chips, penso che mi sto abituando. Che Dublino va guardata
con attenzione; che è una città vera, non un bello sfondo da cartolina; che ha
dei dettagli veramente romantici.
Dublino, 2-5 marzo 2012
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