mercoledì 11 aprile 2012

Recensione # 7: Il mondo deve sapere

Indagine di e su Michela Murgia, parte I

A parlarmi per primo di Michela Murgia è stato il libraio antiquario da cui ho fatto lo stage, che ha definito Accabadora “un capolavoro”. Il suo giudizio così positivo mi ha incuriosito, ma, a dir la verità, ci vuol altro per concretizzare il mio facile entusiasmo.

Qualche mese dopo, nella libreria in cui lavoravo, un cliente è entrato chiedendo se avevamo la storia di “una sarda che ha mollato tutto ed è andata a vendere Folletti”.
Premettendo che Il mondo deve sapere  non parla di questo, devo confessare che, quando ho scoperto che l’autrice di questa incredibile storia era la stessa Murgia apprezzata dal libraio, e che l'opera in questione era la trascrizione di un blog (tema su cui sono ovviamente sensibile in questi mesi), redatto in 30 giorni di drammatico precariato (altro tema che non può lasciarmi indifferente), e che da essa era stato tratto il film Tutta la vita davanti, che non ho mai visto, ma che mi ha sempre ispirato… quando ho scoperto tutto questo, ho deciso di passare finalmente all’azione: ho proposto Il mondo deve sapere al mio Club di Lettura del martedì.

Devo dire che, con i suoi capitoli corti, l’opera si è adattata perfettamente alla fruizione corale del nostro circolo. La lettura quindi (peraltro conclusa in solitaria su un tram durante le troppo brevi vacanze pasquali), è stata piacevole, e tra l’altro ha dato avvio a una serie di amene riflessioni sulla condizione dei lavoratori nel sistema contemporaneo.

Tuttavia, credo sia giusto chiarire qualche equivoco: la Murgia non si è infiltrata nel call center di un’azienda che vende aspirapolvere (non il Folletto, ma il Kirby) per denunciare il precariato, ma perché realmente cercava un lavoro. E allo stesso tempo, per tutelare se stessa dal totale abbrutimento di questa attività, ha raccontato al mondo quello che ha visto e sentito in un mese di telefonate a casalinghe più o meno disperate. Certo, l’aspetto della critica è ben presente; ma più che contro il precariato, l’autrice si scaglia contro sistema di manipolazione e sfruttamento dei più deboli, impiegato dall’azienda verso dipendenti e clienti.
Il risultato è una denuncia davvero efficace (prova ne siano il successo del libro e del film): con ironia tagliente e onestà, la Murgia racconta la propria frustrazione nel trovarsi imprigionata in un ingranaggio perverso e soffocante.

Eppure, se posso, non sono convinta.
Il problema non è lei, che è intelligente e scrive bene, e si vede. Ma l’opera in sé, che probabilmente andava  bene come blog, ma non funziona altrettanto come romanzo. Questo libro è uno sfogo, un reportage… ma non va oltre il resoconto. Non approfondisce, e oltretutto nemmeno conclude. Non ha la costruzione né la portata dell’opera letteraria. Insomma, è interessante e anche ben scritta, ma non la definirei “un bel libro”.

Quello che ho scritto ha delle conseguenze che non sono sicura di poter affrontare: per esempio, vuol dire che da un blog ci si aspetta meno che da un libro? Non molto coerente, da parte di una che tiene un blog. Forse dipende dal fatto che i contenuti digitali sono per definizione aperti, cioè sempre in progress? Non lo so, forse devo pensarci ancora.

Tornando alla Murgia, come posso concludere, almeno temporaneamente, il mio discorso? Per ora, forse, sospendendo il giudizio. Ma sono curiosa di vedere come si comporta questa blogger pungente quando affronta un libro vero… non mi resta che andare a procurarmi Accabadora!


2 commenti:

  1. Wow! Il Club di lettura entra ufficialmente nella blogosfera!

    Per il discorso blog vs. libri, io credo che necessariamente un blog debba essere "meno approfondito" di un libro: i post devono essere più corti dei capitoli di un libro, specialmente di uno che tratti di temi impegnativi come quello del precariato. Perchè si tratta di un ipertesto: la tentazione di fare clic sui link, di seguire la serendipità e abbandonare il post un po' troppo lungo, ci sarà sempre. Deve esserci!
    Credo che blog e libri siano strumenti molto diversi, che funzionano entrambi. Lo stridore nasce quando di un blog si decide di fare un libro...

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    1. Sì, penso che tu abbia ragione... e comunque sappi che ho colto il riferimento a Il mondo deve sapere anche nel tuo ultimo post (il club di lettura spopola!) :)

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