Il libro
giusto al momento giusto
A volte capita di incontrare il libro giusto al
momento giusto.
Non è questione di capolavori, e neanche di fiuto,
ma semplicemente di banali coincidenze: quando inizi a leggerlo, capisci che è
esattamente quello di cui avevi voglia. E te lo divori in un pomeriggio, come
quando eri piccola, a dispetto di tutte le cose che ti eri ripromessa di fare
in questi giorni letargici e teoricamente proficui tra Natale e Capodanno.
La briscola
in cinque è stato esattamente questo: il libro giusto al momento giusto,
capitato come sempre tra le mie mani un po’ per caso.
Come dicevo, non ho intenzione di sostenere che
sia un capolavoro: troppi piccoli luoghi comuni da giallo all’italiana lo
rendono più rassicurante che travolgente. Però posso affermare senza vergogna
che questo libretto ha allietato la mia immaginazione per un paio di pomeriggi.
In una immaginaria quanto tipica località
marittima del livornese, un giovane matematico gestisce un bar frequentato da frotte
di giovani alla moda, ma soprattutto da una quadriglia di pettegoli vecchietti.
Nulla può scuotere la routine estiva di questo luogo, nemmeno il ritrovamento del
cadavere di una diciannovenne in un cassonetto: tutto continua a scorrere come
prima, semplicemente adesso la gente ha qualcosa di cui parlare. La classica
incompetenza della Polizia e il ruolo nevralgico dei bar nel tessuto sociale
italiano eleggono automaticamente il brillante ristoratore a investigatore d’eccezione, così, come spesso accade, le indagini si alternano a focacce e cappuccini, e gli snodi della trama sono
sostenuti dal pettegolezzo di paese. Massimo (il barista) è, prevedibilmente,
un burbero sensibile ferito da una donna. Insomma, una vera infilata di luoghi
comuni; che però, occorre ripeterlo, è in grado di intrattenere piacevolmente
il lettore.
Innanzitutto, perché il mistero non si esaurisce
nel classico motivo alla Don Matteo in
cui il primo indiziato invariabilmente viene arrestato prima del tempo e in
extremis scagionato dall’eroe. In secondo luogo perché l’affresco italiano che
ne emerge, in cui vecchietti in ciabatte commentano bofonchiando i traffici di
droga in discoteca, è davvero godibile. E infine perché Malvaldi sa costruire
una storia e sa scriverla. Giusta dose di ironia, piacevoli riferimenti colti;
qualche sbavatura nel linguaggio giovanile (non è credibile che un diciottenne
ubriaco senta il bisogno di “urinare”), ma complessivamente niente di grave. Unica
forzatura, a mio parere, l’analogia del mistero con il gioco di carte… Ma
bisognava pur trovare una nota per distinguere la serie dei romanzi sui vecchietti
dalle altre. Insomma, debolezze trascurabili.
Sicuramente non alta letteratura, ma -perché no?- il libro giusto tra Natale e Capodanno.