Tentato
proselitismo ambientalista
Prima di cominciare questa recensione, vorrei
premettere una cosa: non ho niente contro gli ambientalisti. Anzi, nel mio
piccolo, penso di essere attenta alla salvaguardia del pianeta: cerco di non
sprecare l’acqua, faccio la raccolta differenziata… Anche gli animali, tendenzialmente
mi piacciono. Certo, i gatti mi odiano, ma non penso che questo sia un problema
mio: sono loro che ce l'hanno con me, non il contrario. E non penso sia colpa mia neanche se in tutta la
mia infanzia ho potuto allevare al massimo delle lumache, e se attualmente in
camera dei miei fratelli alloggia un pesce blu con disturbi di stomaco, che ha
popolato i peggiori incubi di tutti i membri della famiglia… Ok, forse ho un
rapporto un po’ strano con gli animali domestici, ma se non altro rispetto
flora e fauna di qualsiasi tipo, non uccido nemmeno le zanzare, tanto non mi
pungono. C’è stato addirittura un periodo della mia gioventù in cui pensavo di
poter comunicare con le piante…!
Insomma, mi sembra chiaro che non ho nessun
problema con la natura. Ma nonostante questo protrarre la descrizione dei
sentimenti materni di una cerbiatta braccata da crudeli cacciatori per più di
venti pagine mi sembra un po’ eccessivo.
Ma andiamo con ordine: l’estate scorsa, mia cugina
(la solita che mi consiglia i libri, ormai credo sia chiaro che è un
personaggio tendenzialmente affidabile) mi parla di questo volumetto di
racconti: dice che è molto carino, che descrive paesaggi americani stupendi…
insomma, mi incuriosisce. Certo, mi avverte, è forse un pochino subdolo: in un primo momento, l’autore
suscita la tua simpatia, e poi, un po’ per volta, ti impone
il suo punto di vista estremo sulle questioni dello scempio dell’ambiente da
parte dell’uomo.
Va be’, penso io, che sarà mai un po’ di
ambientalismo, a fronte di cotanta simpatia? Mi faccio prestare il libricino.
A discolpa dell’opera, devo dire che la lettura addormentata
sui mezzi, pensando al lavoro, probabilmente non ha aiutato ad apprezzare i
dettagli. E che forse, in generale, la mia impazienza cronica non mi fa godere appieno
delle descrizioni. Ma tant’è: nei primi racconti, invece di entusiasmarmi, mi sono
annoiata. E poi, invece di indignarmi contro il cattivo uomo civilizzato, insensibile
colonizzatore dell'ambiente, mi sono sentita fastidiosamente travolta dai luoghi comuni. Temo quindi che Charles Dudley
Warner, almeno con me, abbia fallito la sua opera di sensibilizzazione.
Rimangono sicuramente degli aspetti positivi: riconosco
all’opera una sorprendente attualità (è stata scritta nel 1878, ma potrebbe appartenere
tranquillamente al post Into the wild)
e soprattutto mi ha trasmesso una discreta voglia di visitare la zona degli
Adirondack (area montuosa nello stato di
New York, in cui sono ambientati i racconti)… Sempre che in questi cento e
passa anni il cattivo uomo bianco sia riuscito a non devastarla del tutto J
Mi sa che quanto a "sense of humor" non coincidiamo molto: a me qui ha fatto ridere l'autoironia dell'autore (nei primi racconti). Invece tendo molto ad annoiarmi con la Guida galattica per autistoppisti! Solo adesso (circa a metà) inizio a ridacchiare, ma mi distraggo in continuazione, ed è una cosa che mi succede assai di rado mentre leggo.
RispondiEliminaConcordo comunque con il tuo bilancio complessivamente negativo sul libro "il mio incontro con l'orso".
Spero che non smetterai di seguire i miei consigli per avertene consigliato uno scarso!
LA CUGINA
Spero che anche tu continuerai a fidarti del mio giudizio, cara!
RispondiEliminaAnzi, grazie mille del commento: a questo punto i lettori potranno scegliere tra il mio e il tuo umorismo :)