Un armadillo
per amico
Domenica scorsa, ho dato appuntamento al mio amico Bebo al solito semaforo di Viale Caldara. Uscendo, per una volta, mi sono ricordata che dovevo rendergli il suo Polpo alla gola. Anche perché così avrei
potuto chiedergli il primo di Zerocalcare.
Arrivando
da in fondo alla strada, ho visto che teneramente mi aveva anticipato: aveva già
in mano La profezia dell’armadillo (tra l'altro, se
continua ad essere così premuroso, prima o poi diventerò una vera esperta di
fumetti).
Come dicevo, La
profezia è il battesimo editoriale di Zerocalcare. Autore di cui a questo
punto posso definirmi una fan a tutti gli effetti. Devo dire che, rispetto a Un polpo alla gola, quest’opera ha
infatti una freschezza e un’efficacia davvero sorprendenti.
Si tratta di centotrentasei tavole, di quelle che
di solito Zero pubblica sul suo blog. Scene di vita vissuta, schegge di
filosofia pop, massime generazionali e quant’altro. Tutto chiaramente condito
da tanta sana e piacevolissima ironia. Ma il bello è che tutti questi frammenti
sono sottilmente legati insieme in una storia che “a me mi stava in gola da un sacco di tempo e quando finalmente l’ho
vista in carta ed ossa per poco non mi prendeva un coccolone”. Una
vicenda seria e inaspettatamente dolorosa, che ha a che fare con la crescita,
le relazioni, la solitudine, la morte. Niente risposte sul senso della vita,
sia chiaro. Ma riconoscere serietà e soprattutto sensibilità in un autore che
ha un armadillo al posto della coscienza non è affatto male. Come dire che per
essere acuti non è necessario prendersi sul serio.
L’espediente narrativo
utilizzato da Calcare è dare ai caratteri minori e ai loro pensieri l’aspetto di animali e
personaggi più o meno esilaranti: dalla mamma Lady Cocca, al papà padre di Kung
Fu Panda, al suo spirito strategico incarnato da Leonida di Trecento. E poi c’è l’armadillo, che,
come dicevo, è una specie di incarnazione della paranoia del protagonista. Per dirla
con le parole del retro di copertina dell’edizione Bao Publishing: “Si chiama
profezia dell’armadillo qualsiasi previsione ottimistica fondata su elementi
soggettivi e irrazionali spacciati per logici e oggettivi, destinata ad
alimentare delusione, frustrazione e rimpianti, nei secoli dei secoli. Amen”. L’armadillo
accompagna Zero nelle sue avventure, e lo spinge alla pigrizia e all’immobilità.
Lo convince a non dichiararsi alle ragazze (in questo caso, prende le sembianze
del Guardiano del Tempismo) perché “non è il momento giusto”; a non aggiustare il pc,
affidandosi ad un improbabile “dio del giorno dopo”; a non ascoltare l’enorme disagio della
sua amica Camille, infine, per l’occasione
interpretato da un enorme mostro nero e silenzioso, con cui l’armadillo dagli
occhi sgranati tenta invano di fare amicizia.
Ma qual è, ora della fine, il segreto di quest’opera?
All’università una volta ho studiato (in uno di quei diecimila saggi di Spinazzola, che i miei compagni di corso riconosceranno sicuramente) che i lettori conoscono essenzialmente due tipi di piacere: il piacere di scoprire qualcosa di nuovo, e il piacere di ritrovare qualcosa di noto. Ecco, Zerocalcare è bravissimo a procurare questo secondo tipo di sensazione: leggendo La profezia dell’armadillo si ritrovano un sacco di cose. A cominciare dai miti pop della mia generazione, fino al senso di inadeguatezza per la morte di un amico.
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