Alcuni
recensori sostengono che “Lincoln” non sia un biopic, ma che sia invece la
storia del tredicesimo emendamento, quello che sancisce l’abolizione della
schiavitù. Non sono totalmente d’accordo. Per me “Lincoln” è la biografia del
padre del tredicesimo emendamento, dipinto non come un super-uomo, ma come un
grande politico, un padre di famiglia e un marito stanco ma devoto ad una
moglie problematica.
Nel film
sono narrati gli ultimi mesi della vita di Lincoln, quelli caratterizzati dalla
fine della guerra civile e dalla lotta politica che ha portato alla
proclamazione dell’emancipazione. Lotta che vede il Presidente assumersi
consapevolmente il ruolo di tiranno e di corruttore in nome di un fine
grande e giusto: la libertà, per
ottenere la quale si è disposti a sacrificare la libertà stessa.
Tutto questo
è narrato alla perfezione da Spielberg, che coglie l’animo politico di grande
esponente della realpolitik di Lincoln. Il
quale, in un discorso non riportato nel film, afferma: “Il mio obiettivo
supremo in questa battaglia è salvare l’Unione, e non porre fine alla schiavitù” e ancora: “Se
potessi salvare l’Unione senza liberare nessuno schiavo, io lo farei; e se
potessi salvarla liberando tutti gli schiavi, io lo farei; e se potessi
salvarla liberando alcuni e lasciandone altri soli, io lo farei anche in questo
caso”.
Lincoln non
è un santo, è il più grande presidente degli Stati Uniti d’America e uno dei
più grandi uomini politici di sempre.
Un film che
ci dovrebbe far riflettere anche sulla situazione politica attuale. Smettiamo
di scandalizzarci perché i politici sono corrotti. La corruzione è il
lubrificante dello Stato e “Lincoln” lo dimostra.
Il
Presidente si assunse poteri che non gli appartenevano, comprò i voti dei suoi
avversari, e noi adesso riteniamo che sia stato un grande uomo. Ma dov’è il
limite? Il fine giustifica i mezzi, ma chi giustifica il fine? Le leggi e la
Costituzione sono imposti solo per i mediocri, mentre i grandi sono al di sopra
della legge? E allora come giudicare l’assassino di Lincoln che si riteneva un
tirannicida? Non ha forse agito nel nome della libertà?
Mi sono
fatto trascinare dal tema politico e ho divagato. Chiedo perdono. Torniamo alla
recensione. “Lincoln” è un film difficile, difficilissimo: 150 minuti di
dialoghi senza soluzione di continuità! Non dialoghi distesi, retorici ed
esplicativi, ma essenziali, sintetici e pratici, nello spirito del Presidente
repubblicano. Lo stile retorico è confinato al parlamento e Lincoln non è mai
in parlamento, lo si vede quasi solo nella sua sfera privata, impegnato in
dialoghi serrati con i suoi famigliari e i più stretti collaboratori, oppure in
incontri privati con vari esponenti del mondo politico e non.
Un film
interpretato da attori veramente eccezionali, fra tutti: Daniel Day-Lewis, nella parte di Lincoln, e Tommy Lee-Jones, nelle vesti del deputato Thaddeus
Stevens, uno dei personaggi focali dell’opera.
Un film
diretto da un grande regista che abbandona quasi totalmente la retorica in nome
di una estrema concretezza.