Triste attualità di un classico
Visto che in una delle mie ultime recensioni (qui) mi sono scagliata contro il lavoro approssimativo di alcuni editori, comincerò questo post elogiando il formato e il paratesto dell’ultimo libro letto.
Trovo che la mia edizione della Casa di via Valadier (BUR, La Scala, 2001)
sia piuttosto affascinante: per prima cosa, il volume non è troppo alto (poco
più di 130 pagine). Il progetto grafico è interessante, con la sua copertina sobria
a toni spenti. I testi sono accompagnati da una breve quanto utile prefazione
di Geno Pampaloni. E veniamo infine alla scelta dei testi: si tratta di due racconti (Esiliati e La casa di via Valadier), scritti in due momenti diversi e legati da un personaggio ponte, che è protagonista nel primo, e comparsa nel secondo. Sono
due testi che stanno bene insieme, due testi che creano un insieme
interessante.
Insomma, La
casa di via Valadier è un libretto ben costruito.
Un libretto in cui si parla di tante cose: di
fascismo socialismo e comunismo, di politica, di corruzione e disoccupazione,
di guerra e malattia, di colpa innocenza e perdono; il tutto con termini e toni
di un’attualità quasi inquietante. Si parla anche di Roma, tanto. Roma caotica
e malmostosa, in Esiliati; e Roma scintillante,
in cui si torna sempre con un tuffo al cuore, oppure in cui si rimane, come
intrappolati, in La casa di via Valadier.
Roma a cui si fa ritorno, per fare i conti col passato.
I personaggi sono decisamente troppi ma molto
interessanti. Quasi tutti delineati in pochi tratti, e quasi tutti sfaccettati.
Bella la figura di Leonardo, prima aspirante giornalista schiacciato dalla
memoria di uno zio famoso, e poi giornalista affermato, che fa ritorno nei luoghi dell’infanzia per fare i conti con la memoria di
suo padre. E suo padre: l’avvocato Turri è chiaramente pensato per essere antipatico al lettore. Il
suo carattere ignavo e opportunista è contrapposto a quello, retto fino all'ingenuità,
della sorella Anita. Ebbene, questa figura così negativa viene vista sotto una luce nuova nella conclusione, proprio da Leonardo, che prima si vergognava della (tardiva e quasi segreta) adesione al
fascismo del genitore… Colpo di scena? Non direi. Il linguaggio spoglio, lo stile lineare, l’insistenza
sui dettagli fanno sembrare tutto normale, quasi banale. E questo
alimenta il contrasto con la drammaticità e la durezza dei fatti narrati, e alimenta la
sensazione di ansia.
Il risultato è piacevole e fa riflettere. Ed è un risultato
invidiabile, perché, se probabilmente non cambia la vita di nessuno, sicuramente supera le altissime barriere del mero intrattenimento.
E se tutti questi argomenti ancora non vi hanno
convinto, sappiate che questo è il primo libro che abbia appassionato tutti i
membri del mio Club di Lettura J