The Lone
Ranger è un film western, e questo è già un gran pregio. Infatti questo genere è ormai
quasi abbandonato.
I produttori
(Disney) hanno voluto proporre una versione moderna del western o semplicemente
fare soldi spostando Jack Sparrow nel selvaggio west (sulle locandine c’è
scritto orgogliosamente: “dal team de I
pirati dei Caraibi”)?
Nel far west
Butch Cavendish (William Fichtner), bandito con una malsana propensione al
cannibalismo, con le sue scorribande minaccia di far saltare la pace tra
indiani e Stati Uniti e, conseguentemente, la costruzione della ferrovia che
dovrebbe attraversare tutto il paese.
Sulle sue
tracce si mettono un texas ranger troppo idealista (Armie Hammer), un indiano
completamente pazzo (Jhonny Depp), un cavallo ubiquo e una maitresse con una
gamba d’avorio (Helena Bonham Carter), tutti animati da un personale desiderio
di vendetta.
La trama,
pur con qualche stravaganza, è quindi abbastanza banale. Il pregio del film sta quindi nell’ironia con cui sono narrate
tutte le vicende, anche se l’eccessiva durata genera una serie di spiacevoli
stonature. Il risultato finale è quindi di una comicità fuori ritmo, si sorride
quando si potrebbe ridere di gusto. Senza contare che alla lunga il troppo
stroppia. E qui si esagera veramente. Solo i capolavori possono permettersi di
durare 2.30 h. Parafrasando Callimaco: Mega filmìon, mega kakòn!
Affidarsi al
100% alla simpatia e bravura di Depp è una buona scelta per un filmetto di 90
min, non per un mega kolossal. Manca insomma la perfetta sintesi tra ironia e
avventura de “La maledizione della prima luna”.
In
definitiva The Lone Ranger è un semplice riadattamento del ciclo dei Pirati dei
Caraibi, senza pregi né difetti. Il risultato finale non può quindi discostarsi
molto da una risicata sufficienza.
Perché
quindi non realizzare un buon sequel (tra l’altro già in pre-produzione)? Ma
soprattutto: perché raccontare tutto in flashback?
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