Secondo
appuntamento con Duca
Dopo tante letture deludenti, mi sono rivolta a Scerbanenco come a un porto sicuro.
Al di là delle faticose peripezie per procurarmi Traditori di tutti, che comunque si sono
risolte positivamente (e per questo vorrei ringraziare la biblioteca Sormani,
che per una volta mi ha stupito per la sua efficienza) anche stavolta posso
ritenermi soddisfatta.
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Il problema è che, nella storia, l’unico
personaggio disposto ad assumersi le sue responsabilità è la candida Susy
Paany, una creatura così limpida da risultare “cretina”, un po’ come la Livia
Ussaro di Venere privata.
E così, ancora una volta, il nostro protagonista
smantella un traffico malavitoso, ma esce dalla sua avventura amareggiato,
schiacciato dalla consapevolezza che, a pagare, ora della fine, sono sempre i più
deboli. E che non c’è modo di arginare il male del mondo.
Cosa c’è di nuovo rispetto a Venere privata? Direi pochino, ma non fa niente. In fondo, quando
si trova una formula che funziona, che bisogno c’è di stravolgerla?
Il personaggio di Duca è sempre lì, amaro e inflessibile.
A tratti un po’ retorico e un po’ violento, ma glielo perdoniamo, perché in
fondo è un’anima candida. Solo un po’ più convinto di fare il poliziotto, e un
po’ più vicino al mondo della polizia, in cui tra l’altro troviamo personaggi
simpaticissimi come Carrua e Mascaranti. Anche Milano è sempre lì. Milano
corrotta e bellissima, in una primavera sorprendente. Una primavera che stride
con tutto il male del mondo.
Lo stile è sempre convincente, stavolta l’autore
non abusa nemmeno dei flashback, di cui mi ero lamentata in passato.
Forse, nonostante tutto, ho preferito Venere privata, perché era il primo. Stavolta
sapevo bene cosa aspettarmi, ma se non altro non sono rimasta delusa... Non male per un sequel!
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