Viaggio
oltre la retorica
Comincio questa recensione seguendo due consigli:
quello di riprendere la buona abitudine di scrivere (grazie Anna), e
quello, per una volta, di dare un parere decisamente positivo su un libro
(grazie Laura). Spero di fare cosa gradita ai miei venti lettori!
Comincio quindi a pagare il mio debito con la
Nefelomanzia dalla fine, raccontando del libro che ho chiuso ieri sera, con
niente meno che un lacrimone a bordo occhio.
Se ti
abbraccio non aver paura ha bussato alla porta delle mie prossime letture diverse
volte, prima che lo considerassi; e alla fine, con la determinazione che solo il
destino, mi si è messo in mano (grazie Mari) e mi ha raccontato la sua storia.
La storia di un padre coraggioso che, sfidando ogni buonsenso e prudenza,
attraversa le Americhe con suo figlio autistico Andrea.
Primo elemento di fascino: è una storia vera,
avvenuta nel 2010. Le immagini del viaggio sul sito
sono una vera sorpresa: Andrea è un ragazzo bellissimo e sorridente, e assomiglia parecchio a suo
papà. E con questo (ammetto con una punta di vergogna) metà dei miei pregiudizi sull’autismo sono andati. L’altra
metà viene dissipata dall’autore, che, nonostante la vicenda sia raccontata in
prima persona, non è il protagonista della storia, ma Fulvio Ervas, uno
scrittore specializzato in gialli vagamente surreali, a cui il padre di Andrea
ha raccontato la sua storia, da bravo veneto, a colpi di ombre
de vin. Devo dire che Ervas è
proprio bravo: racconta questa avventura senza pietismi e senza pudori, con un
trasparenza che a tratti è dolorosa e a tratti veramente sorprendente.
Dove
l’avventura non è solo il viaggio stupendo a spasso per il Nuovo Continente, e neanche la libertà di non progettare niente oltre il domani; è soprattutto quella
di una relazione padre-figlio costruita, come tutte, ma ovviamente più di
tutte, sulla fatica e sul silenzio. Particolarmente commoventi sono proprio i
brandelli della loro comunicazione. Non quella verbale, a cui difficilmente
Andrea riesce ad affidarsi, ma quella scritta. Attraverso il computer, infatti,
il ragazzo ha imparato a rispondere alle domande dei genitori, esprimendo i
propri pensieri e stati d’animo. Ervas trascrive alcuni brani di
queste conversazioni, stupefacenti per la consapevolezza che testimoniano. Un
lettore ignaro e benpensante come me ne rimane ferito: istintivamente si
racconta che un ragazzo autistico non si rende conto della propria condizione,
che vive in un mondo parallelo e, chissà perché, felice. Invece Andrea parla a suo padre della malattia, gli dice che
soffre, e che si sforza di essere diverso. Se ti
abbraccio non aver paura mette il lettore benpensante spalle al muro, e lo
costringe a fare i conti con una situazione incredibilmente dura. E poi, allo
stesso tempo, lo risolleva. E mostra, attraverso la figura di questo padre
coraggioso, come anche nella sofferenza non valga la pena di farsi prendere
dallo o sconforto. Molto meglio invece affrontare la questione e amare, e al
limite sfidare il proprio limite e partire.
Saranno i
vuoti d’aria, sarà la fine del viaggio. Sarà che la vita è complicata e bella.
Sarà perché noi non sappiamo e almeno immaginare, bello o brutto che sia, ci
porta oltre.
Ci porta a
domani.
Bello...! Grazie ;-)
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