Il
fondamentalista riluttante è un bel film con un pessimo titolo.
Il
protagonista della vicenda è Changez Khan (Riz Ahmed) , un discusso professore universitario
di Lahore (Pakistan), collega di Anse Rainier, un cittadino americano rapito da
una cellula terroristica. Il film è per gran parte un lungo flashback, in cui
Changez racconta ad un giornalista la sua esperienza negli Stati Uniti alla
ricerca del sogno americano a cavallo dell’ 11 settembre.
Il
fondamentalista riluttante non è solo un thriller politico, ma è soprattutto la
storia di Changez, narrata con maestria e veridicità, in cui tutti i personaggi
sono vivi e non esistono buoni o cattivi. Molte volte si pronuncia questa
frase, ma questa volta è tutto vero! Tutte le azioni dei personaggi hanno
sempre un movente che, se non è condivisibile, è assolutamente comprensibile.
Dopo un bel
film si può sempre riflettere. Il fondamentalista riluttante non fa eccezione!
Tra tutti
gli spunti possibili io ne scelgo uno (non il principale) che mi sta
particolarmente a cuore: l’accettazione e la conoscenza di sé. Finché si
inseguono dei desideri che non sono veri, ma puramente materiali, finché si è
dominati dall’ambizione, finché non si conosce se stessi e non si riesce a
vivere con se stessi indipendentemente dal contesto, non è possibile essere a
casa. La casa non sarà né in Pakistan né negli USA, né nell’amore e nemmeno nel
lavoro.
Per questo
penso che Il fondamentalista riluttante non sia solo un film politico, ma anche
la storia un uomo e dell’uomo.
Il più
grande merito del film è nel raccontare tutto questo in modo avvincente. Lo
spettatore è completamente coinvolto nella vicenda, anche perché in essa si
identifica.