giovedì 25 agosto 2016

Il tuo posto è qui: recensione #78

Il tuo posto è qui - This must be the place

Anche quest’anno, forse in onore dei bei tempi andati, Laura mi ha prestato un romanzo per l’estate. Come già Villette della scorsa stagione, anche Il tuo posto è qui di Maggie O’Farrell è un tomo piuttosto spesso, introdotto da un risvolto di copertina ingannevole. Un titolo vagamente sdolcinato, che purtroppo non tiene conto delle citazioni (almeno musicali e cinematografiche) dell’originale This must be the place

Forse si potrebbe cominciare a parlarne da qui, dalle somiglianze macroscopiche con il film di Sorrentino. Anche qui, in fondo, c’è un personaggio carismatico e non del tutto adulto che deve fare i conti con il proprio passato. Ma forse una citazione di questo tipo potrebbe creare delle false aspettative. Il romanzo della O’Farrell, in effetti, non ha niente dell’aria sospesa e surreale (per alcuni anche fastidiosa) del film. Al contrario: racconta una storia complessa e per certi aspetti rocambolesca in modo sobrio, lasciando volutamente molto – forse anche troppo – spazio ai fatti. 
Ben diversa poi la costruzione dell’opera, che costituisce forse il vero tratto distintivo di Il tuo posto è qui. Il racconto è affidato infatti a tanti narratori diversi, che danno voce a frammenti ed episodi sparsi di un’unica grande storia. 

Al centro della vicenda c’è Daniel, linguista carismatico e donnaiolo; una vita piena di “buchi e caverne”, figli, amori, sbagli e mancanze seminati un po’ in tutto il mondo. 
Durante una delle cicliche crisi della sua vita, Daniel incontra e si innamora di Claudette, attrice e regista eccentrica in fuga dalla propria fama. La storia d’amore che li unisce diventa rapidamente il perno delle loro esistenze, l’orizzonte entro cui rileggere – e forse, finalmente, comprendere – il senso di infiniti e dolorosi episodi precedenti. 
Ognuno di questi episodi – frammenti di storia sparpagliati nel tempo e nello spazio – viene affidato a un narratore diverso, che ha la possibilità di dire la sua, facendo valere il proprio punto di vista. Eppure, in tutte queste voci, il lettore cerca – e trova – sempre e solo i prodromi della storia tra Daniel e Claudette. Il quadro che ne risulta è mosso, complesso, appassionante. In questo senso direi che l’espediente della narrazione polifonica è indubbiamente riuscito. Tuttavia, a tratti, si ha l’impressione che l’autrice si sia fatta prendere la mano: voglio dire, a che scopo raccontare le vicende della madre di Daniel, avvenute ben prima che il protagonista nascesse? E ancora: ben vengano i salti temporali, ma perché svelare a metà del racconto, in modo totalmente gratuito, alcuni drammatici colpi di scena futuri? E poi: c’era davvero bisogno di affidare alcune parti di narrazione a lettere, interviste e altri documenti “originali”? Il risultato di tutte queste trovate è di disorientare il lettore, di colpirlo da tutte le parti e, ora della fine, di stancarlo…
Inoltre, credo che l’ambizioso tentativo di dar voce a quasi tutti i personaggi della storia avrebbe dovuto essere sostenuto da una più ampia varietà di stili e linguaggi (soprattutto visto che il protagonista nella vita fa il linguista, e quindi dovrebbe essere massimamente attento a questi aspetti): ogni narratore dovrebbe parlare una propria lingua ben riconoscibile. Questa dimensione è invece soltanto accennata e l’impressione, spesso, è che la pluralità dei narratori sia poco più che un trucchetto. 
Quello che rimane, al netto di tutti questi sforzi per movimentare le cose, è una bella storia d’amore. Una buona cosa da leggere a fine estate.

2 commenti:

  1. Carissima... io consiglio sempre libri a destra e a manca, ma solo tu mi dai questa soddisfazione.
    Concordo pienamente con la tua recensione. Interessantissimo quanto riferisci sul titolo originale, di cui io non sapevo nulla. E assolutamente vero che il titolo tradotto non rende giustizia al romanzo.
    Condivido anche le altre osservazioni sulla tecnica narrativa: è piacevole ma non perfettamente riuscita. Ciononostante è assolutamente un bel libro! Anzi, meglio dire: una bella storia di amore.
    Forse quello che mi ha colpito di più è la capacità dell'autrice di trasmettere il modo di pensare del protagonista maschile, con conseguente (relativa) spiegazione delle sue (discutibili) scelte di vita.

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    1. Vero! Lui risulta credibile, nonostante la sua vita assurda. Forse è proprio questo a sostenere il romanzo! Grazie del commento :)

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