La convincente logica della ferocia
Ebbene sì, sono passati quasi sei mesi. Sei mesi senza scrivere neanche una riga. A ogni nuovo volume
che approdava sul mio comodino, mi dicevo: “di questo scriverò su Nefelomanzia”;
ma poi, per un motivo o per l’altro, lasciavo stare.
Poi invece, finalmente, ho incontrato un libro da consigliare a tutti. Un libro che mi ha fatto venire voglia di provare ad abbattere quello zoccolo di pigrizia e timore sapientemente costruito in questo tempo, imparando di nuovo a ordinare i pensieri sulla pagina. Quel libro è La ferocia, di Nicola Lagoia, una storia che parla di famiglia, Italia, modernità, infelicità, malattia, affetti. Un sacco di cose, tenute insieme dal solito esile scheletro del giallo investigativo.
Poi invece, finalmente, ho incontrato un libro da consigliare a tutti. Un libro che mi ha fatto venire voglia di provare ad abbattere quello zoccolo di pigrizia e timore sapientemente costruito in questo tempo, imparando di nuovo a ordinare i pensieri sulla pagina. Quel libro è La ferocia, di Nicola Lagoia, una storia che parla di famiglia, Italia, modernità, infelicità, malattia, affetti. Un sacco di cose, tenute insieme dal solito esile scheletro del giallo investigativo.
Sulla provinciale tra Taranto e Bari, in una
Puglia piagata da corruzione, burocrazia e abusi edilizi, viene ritrovato il
cadavere di Clara Salvemini, figlia di un affermato palazzinaro locale. A
indagare sulla sua morte, torna da Roma il tormentato fratellastro della
vittima, Michele. Sotto la lente straniata del suo sguardo, la vicenda di Clara
e del suo mondo riaffiorano zoppicando.
È la storia di una famiglia, con i suoi tradimenti e le sue
meschinità; la storia di un uomo incapace di guardare i suoi sbagli, e dei suoi
figli viziati, infelici, eccellenti, belli, malati, soli; la storia di due
fratelli, troppo legati e sofferenti per stare vicini; la storia di un’impresa edile,
che prospera a forza di abusi e cene con giudici e funzionari; la storia di una
terra brulicante di creature crudeli e cieche, predatrici o prede incapaci di
pietà.
Come fanno tutti questi elementi a stare insieme, senza
trasformarsi nell’ennesima pretenziosa accozzaglia con ambizioni di denuncia
sociale? In effetti, l’impressione, leggendo, è di trovarsi davanti a un
affresco coerente: dalla formica alla tigre, dal chirurgo affermato al prete
dal passato ambiguo, dalla ragazzina viziata al palazzinaro senza scrupoli, il
sistema presentato da Lagoia manda un messaggio ben definito, declinato in
tante voci e tanti volti. Non una verità semplificata e schematica, ma un
universo di metafore e richiami, di grandissima potenza critica, eppure non
privo di speranza: perché dell’uomo, di cui pure vengono presentate senza pietà
debolezze e brutture, si sottolinea anche il libero arbitrio, vale a dire la capacità di
creare dei momenti di discontinuità, che inframmezzano la piatta durezza della
ferocia quotidiana (per approfondire, qui una breve intervista all'autore sul tema).
Tagliente lo stile, che ti rimane addosso anche dopo aver
chiuso il libro; intelligente la costruzione, fatta di continui salti temporali e
cambi di punti di vista, umani, animali e chi più ne ha più ne metta.
Una storia bruciante e una voce chiara. Insomma, per me, ne
vale la pena!