La
semplicità del male
Interrompo il filo delle mie letture arretrate per aprire una parentesi su Leonardo Sciascia, a cui ho finalmente trovato il tempo di
appassionarmi.
Ai tempi dell’università avevo letto e apprezzato Il cavaliere e la morte, ma poi, chissà
perché, mi ero convinta che Sciascia potesse aspettare, che i suoi romanzi
fossero interessanti ma ormai un po’ datati… Mi sbagliavo. Dopo le prime due
pagine di Una storia semplice avevo già cambiato idea.
Una telefonata alla polizia, un messaggio
troncato, un apparente suicidio. Un brigadiere attento, carabinieri e
poliziotti accecati dalla competizione. E ancora mafia, corruzione, droga,
perfino Pirandello. Insomma, nonostante la brevità, la trama è degna di un
romanzo vero e proprio. Tuttavia, l’opera è costruita con tale raffinatezza da sembrare
davvero Una storia semplice.
Il segreto di questa magia? Lo stile.
È l’autore stesso presentarlo, mentre descrive le
difficoltà incontrate dal protagonista nello scrivere in italiano:
“…Il brigadiere cominciò a fare il suo lavoro di
osservazione, in funzione del rapporto scritto che gli toccava poi fare:
compito piuttosto ingrato sempre, i suoi anni di scuola e le sue non frequenti
letture non bastando a metterlo in confidenza con l’italiano. Ma, curiosamente,
il fatto di dover scrivere delle cose che vedeva, l’angoscia quasi, dava alla
sua mente una capacità di selezione, di scelta, di essenzialità per cui sensato
ed acuto finiva con l’essere quel che poi nella rete dello scrivere restava.
Così è forse degli scrittori italiani del meridione, siciliani in specie:
nonostante il liceo, l’università e le tante letture.”
L’italiano come lingua straniera, dunque. Conoscenza
addomesticata, ma mai sicura, che costringe lo scrittore siciliano ad uno stile
scarno, controllato, limatissimo. Si percepisce quasi un disagio nella
scrittura, come se Sciascia, proprio come il suo brigadiere, scrivendo fosse
un po’ sulle spine, come se avesse paura di sbagliare.
Ma da questo sforzo il suo linguaggio, proprio
come quello del brigadiere, esce sensato e acuto. E dona una
impressionante lucidità alla trama, rendendo semplice una storia che semplice non è.
Parole come mafia, droga e corruzione non entrano mai nel testo, come se l’autore non sentisse il bisogno di
nominarle. Come se fossero talmente note da risultare pleonastiche.
È questa forse, infine, la chiave in cui leggere
il titolo. Sciascia, amaramente, denuncia il male come se fosse una cosa
semplice.