martedì 29 gennaio 2013

Film #9: Lincoln

Alcuni recensori sostengono che “Lincoln” non sia un biopic, ma che sia invece la storia del tredicesimo emendamento, quello che sancisce l’abolizione della schiavitù. Non sono totalmente d’accordo. Per me “Lincoln” è la biografia del padre del tredicesimo emendamento, dipinto non come un super-uomo, ma come un grande politico, un padre di famiglia e un marito stanco ma devoto ad una moglie problematica.
Nel film sono narrati gli ultimi mesi della vita di Lincoln, quelli caratterizzati dalla fine della guerra civile e dalla lotta politica che ha portato alla proclamazione dell’emancipazione. Lotta che vede il Presidente assumersi consapevolmente il ruolo di tiranno e di corruttore in nome di un fine grande e giusto: la libertà, per ottenere la quale si è disposti a sacrificare la libertà stessa.


Tutto questo è narrato alla perfezione da Spielberg, che coglie l’animo politico di grande esponente della realpolitik di Lincoln. Il quale, in un discorso non riportato nel film, afferma: “Il mio obiettivo supremo in questa battaglia è salvare l’Unione, e non  porre fine alla schiavitù” e ancora: “Se potessi salvare l’Unione senza liberare nessuno schiavo, io lo farei; e se potessi salvarla liberando tutti gli schiavi, io lo farei; e se potessi salvarla liberando alcuni e lasciandone altri soli, io lo farei anche in questo caso”.
Lincoln non è un santo, è il più grande presidente degli Stati Uniti d’America e uno dei più grandi uomini politici di sempre.

Un film che ci dovrebbe far riflettere anche sulla situazione politica attuale. Smettiamo di scandalizzarci perché i politici sono corrotti. La corruzione è il lubrificante dello Stato e “Lincoln” lo dimostra.
Il Presidente si assunse poteri che non gli appartenevano, comprò i voti dei suoi avversari, e noi adesso riteniamo che sia stato un grande uomo. Ma dov’è il limite? Il fine giustifica i mezzi, ma chi giustifica il fine? Le leggi e la Costituzione sono imposti solo per i mediocri, mentre i grandi sono al di sopra della legge? E allora come giudicare l’assassino di Lincoln che si riteneva un tirannicida? Non ha forse agito nel nome della libertà?


Mi sono fatto trascinare dal tema politico e ho divagato. Chiedo perdono. Torniamo alla recensione. “Lincoln” è un film difficile, difficilissimo: 150 minuti di dialoghi senza soluzione di continuità! Non dialoghi distesi, retorici ed esplicativi, ma essenziali, sintetici e pratici, nello spirito del Presidente repubblicano. Lo stile retorico è confinato al parlamento e Lincoln non è mai in parlamento, lo si vede quasi solo nella sua sfera privata, impegnato in dialoghi serrati con i suoi famigliari e i più stretti collaboratori, oppure in incontri privati con vari esponenti del mondo politico e non.
Un film interpretato da attori veramente eccezionali, fra tutti: Daniel Day-Lewis, nella parte di Lincoln, e Tommy Lee-Jones, nelle vesti del deputato Thaddeus Stevens, uno dei personaggi focali dell’opera.

Un film diretto da un grande regista che abbandona quasi totalmente la retorica in nome di una estrema concretezza.

2 commenti:

  1. Senza addentrarci sui temi politici che sollevi (molto interessanti, ma sappiamo che non finiremmo mai), sei certamente riuscito a farmi venire voglia di vederlo. Peccato per i 150 minuti....... IMPENSABILE! io amo i film rigorosamente brevi, meglio se meno delle canoniche 2 ore.

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  2. Sono d'accordo. Anch'io non amo i film troppo lunghi. Film difficili come questi, però,almeno per me, se non li vedi al cinema, poi non riesci a trovare la voglia di vederli né riesci ad apprezzarli.

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