domenica 21 dicembre 2014

Recensione #56: La ferocia

La convincente logica della ferocia

Ebbene sì, sono passati quasi sei mesi. Sei mesi senza scrivere neanche una riga. A ogni nuovo volume che approdava sul mio comodino, mi dicevo: “di questo scriverò su Nefelomanzia”; ma poi, per un motivo o per l’altro, lasciavo stare. 

Poi invece, finalmente, ho incontrato un libro da consigliare a tutti. Un libro che mi ha fatto venire voglia di provare ad abbattere quello zoccolo di pigrizia e timore sapientemente costruito in questo tempo, imparando di nuovo a ordinare i pensieri sulla pagina. Quel libro è La ferocia, di Nicola Lagoia, una storia che parla di famiglia, Italia, modernità, infelicità, malattia, affetti. Un sacco di cose, tenute insieme dal solito esile scheletro del giallo investigativo.


Sulla provinciale tra Taranto e Bari, in una Puglia piagata da corruzione, burocrazia e abusi edilizi, viene ritrovato il cadavere di Clara Salvemini, figlia di un affermato palazzinaro locale. A indagare sulla sua morte, torna da Roma il tormentato fratellastro della vittima, Michele. Sotto la lente straniata del suo sguardo, la vicenda di Clara e del suo mondo riaffiorano zoppicando.
È la storia di una famiglia, con i suoi tradimenti e le sue meschinità; la storia di un uomo incapace di guardare i suoi sbagli, e dei suoi figli viziati, infelici, eccellenti, belli, malati, soli; la storia di due fratelli, troppo legati e sofferenti per stare vicini; la storia di un’impresa edile, che prospera a forza di abusi e cene con giudici e funzionari; la storia di una terra brulicante di creature crudeli e cieche, predatrici o prede incapaci di pietà.

Come fanno tutti questi elementi a stare insieme, senza trasformarsi nell’ennesima pretenziosa accozzaglia con ambizioni di denuncia sociale? In effetti, l’impressione, leggendo, è di trovarsi davanti a un affresco coerente: dalla formica alla tigre, dal chirurgo affermato al prete dal passato ambiguo, dalla ragazzina viziata al palazzinaro senza scrupoli, il sistema presentato da Lagoia manda un messaggio ben definito, declinato in tante voci e tanti volti. Non una verità semplificata e schematica, ma un universo di metafore e richiami, di grandissima potenza critica, eppure non privo di speranza: perché dell’uomo, di cui pure vengono presentate senza pietà debolezze e brutture, si sottolinea anche il libero arbitrio, vale a dire la capacità di creare dei momenti di discontinuità, che inframmezzano la piatta durezza della ferocia quotidiana (per approfondire, qui una breve intervista all'autore sul tema).

Tagliente lo stile, che ti rimane addosso anche dopo aver chiuso il libro; intelligente la costruzione, fatta di continui salti temporali e cambi di punti di vista, umani, animali e chi più ne ha più ne metta.

Una storia bruciante e una voce chiara. Insomma, per me, ne vale la pena!