Espiazione alla
tedesca
Al mio desiderio di ormai più di un mese fa di leggere
“un bel romanzone novecentesco” Fabio ha risposto prestandomi Missa sine nomine. “A diciott’anni l’ho
adorato. – mi ha detto – Ma forse è uno di quei libri che si apprezzano solo da
ragazzi. Mi dirai che ne pensi.”
Gravata e incuriosita da questo nuovo compito, ho disdetto i miei impegni e cominciato a leggere di buona lena. Poi
le cose si sono fatte complicate: sono arrivate settimane dure al lavoro, la tanto attesa bella stagione ha diradato i miei viaggi in metropolitana… insomma, ho rallentato
il ritmo, e spesso confinato la lettura ai dieci minuti prima di dormire, con
gli occhi stanchi e i pensieri labili. Tutti questi fattori forse falsano un
po’ il mio giudizio, ma voglio provare lo stesso a tirare le fila del discorso,
e a stabilire se Missa sine nomine
pecca di quel simbolismo romantico tedesco, che ho tanto amato in adolescenza, ma che ormai trovo un po’ stucchevole.
La trama è presto detta: in una Germania rurale post
nazista, tre fratelli di nobili natali cercano di ricostruire le loro vite e i
loro animi, piegati dai dolori della guerra. Il più vecchio, Erasmus, ha
disertato, voltando le spalle al nemico. Al mediano Aegidius sono stati sottratte
le terre e, con esse, la certezza di una vita di cose semplici e
concrete. Infine, il più giovane e più filosofo, Amadeus (una specie di alter ego dell'autore), ha sopportato la prigionia nel
lager, dove ha patito il tradimento e l’umiliazione, fino al punto di mettere in dubbio
la propria stessa umanità.
Ebbene, a guerra finita, i tre si ritrovano e,
faticosamente, provano a rimettersi in piedi e a riportare la serenità nelle loro terre.

Eppure, nonostante la forza e l’urgenza dei temi
trattati (il romanzo è in larga parte autobiografico), l’atmosfera di Missa sine nomine rimane rarefatta,
distante. Si muove sul piano dei simboli, piuttosto che su quello delle
passioni. La trama procede per aneddoti, parabole, metafore e ricordi. Una ben calcolata distanza di sicurezza separa il lettore dai drammi dei personaggi. Da lontano, egli può valutarli e coglierne i significati più profondi. Da
lontano può teorizzare sul peso e la fatica e al limite sul fascino dell’espiazione.
Ma da lontano – ahimè – non può commuoversi, e forse nemmeno ricordare.